Il cantiere

 Una sera di primavera del 1963,

don Enrico chiamò alcuni dei suoi collaboratori e, con solennità e non senza emozione, cominciò a stendere grandi tavole di disegni: e così apparve per la prima volta, sulla carta, la nostra nuova chiesa: un progetto praticamente già definito, opera di due bravi professionisti – l’Arch. Bettoni e l’Ing. Calcagni.

1- il progetto

Era veramente grande, immensa rispetto alla baracca, con quelle originali arcate semicircolari, il portico che correva su due lati, il salone sottostante e tanti locali attorno.

Il giorno dopo don Enrico, come gli era stato richiesto, riportò il progetto in Curia con alcune nostre modeste osservazioni; e scavi, muri, pilastri e solette cominciarono ben presto a dar forma dapprima alla casa parrocchiale e solo successivamente alla chiesa.
Tale scelta di priorità nella costruzione era obbligata: la chiesa doveva sorgere infatti sull’area occupata in parte dalla baracca, ma, prima di abbattere questa, era necessario costruire la casa parrocchiale che potesse fungere provvisoriamente da cappella.
Questo primo edificio venne eretto in breve tempo e ben presto poté essere utilizzato: la grande sala al piano rialzato per le liturgie e le riunioni, i piani superiori per le abitazioni dei sacerdoti.
Il cantiere per la chiesa era molto più vasto e complesso: come dimenticare l’enorme “buca” degli scavi che si dovette approfondire più del previsto, data la scarsa consistenza del terreno; il groviglio dei ponteggi e delle centinature per sostenere provvisoriamente le “gettate”; la montagna di tavole di legno sagomate ad arco e pronte a ricevere le colate di cemento?!
La posa della “prima pietra” venne fatta – come solitamente accade – quando di pietre ne erano state posate già tante!
Era il 31 ottobre 1965,
2 -La prima pietra
2 -La prima pietra
e la cerimonia ufficiale si svolse sul grande piazzale già costruito: il Cardinale Arcivescovo Giovanni Colombo, il parroco don Enrico, un rappresentante laico della nostra comunità, i progettisti e il costruttore firmarono la pergamena, che venne poi “murata”, protetta da una piccola urna di cristallo.
Quel foglio accompagnerà per sempre la vita della nostra chiesa, a ricordare a noi, e a quanti verranno dopo di noi, un evento gioioso e straordinario come la costruzione di una casa per il Signore e per la comunità dei credenti.

Il cantiere durò sino al 28 maggio 1966 quando Monsignor Milani benedisse la nuova chiesa e vi celebrò la prima S. Messa.

3 - La prima pietra 2

Il primo novembre

di quello stesso anno, dopo una settimana di preparazione, anche per solennizzare il quinto anniversario della fondazione della parrocchia, accogliemmo di nuovo tra noi il Card. Colombo che, con la celebrazione della S. Messa, aprì ufficialmente al culto la nostra chiesa.

 

In questa occasione inviò un telegramma augurale perfino Papa Paolo VI, lui che, quando ancora era arcivescovo di Milano, aveva voluto la nostra parrocchia, sostenuto la costruzione della nuova chiesa e mostrato la sua predilezione con gesti particolarmente significativi: come quando, il primo gennaio 1962, era venuto a celebrare la S. Messa delle ore 7.30 nella baracca, o quando, nell’estate del 1963, prima di partire da Milano per il Conclave che lo avrebbe eletto Papa, aveva donato alla parrocchia tutta l’attrezzatura per l’archivio: scrivania, macchina da scrivere, ciclostile, schedari, armadi ecc.

4 - Cardinal Colombo nel 1966
4 – Cardinal Colombo nel 1966

Con la solenne apertura al culto della chiesa giungeva a compimento una prima importante fase di vita della nostra parrocchia, una fase complessa ed esaltante, ricca di entusiasmi e di difficoltà.

Dapprima, di fronte ad un progetto realizzato e gestito da altri, ci aveva preso un senso di impotenza e quasi di sconcerto…
Poi, via via che si riempivano i vuoti degli scavi e s’innalzavano i muri, scoprivamo in noi un crescendo di interesse e di attesa, ci appropriavamo della nuova opera in costruzione, proprio come di un figlio che si porta in seno.

E così, quando si trattò di definire divisioni interne, di scegliere finiture e impianti, don Enrico sempre più spesso chiedeva collaborazione ai suoi “tecnici”, che sapevano di metri cubi, di pavimenti, di numeri.

Questo gruppo di laici costituì una specie di Direzione lavori, parallela a quella ufficiale; e poi ben presto, assunse in carico anche i “conti” della parrocchia, funzione che don Enrico, correttamente, riteneva compito dei laici.

Ma tutta la comunità parrocchiale, se pur in gradi e con modalità diverse, in quegli anni si lasciò coinvolgere nell’opera di costruzione della chiesa.
E così, alle timide e quasi vergognose richieste di aiuto di don Enrico, la risposta e la partecipazione furono sempre più ampie e generose.
Quanti mattoni (e quanto preziosi!) posati con la modesta offerta mensile di anziani delle case popolari, che ripetevano il gesto della vedova del Vangelo!

Perfino i ragazzi, nell’Avvento del 1965,

si diedero da fare in molti modi per dare il Tabernacolo alla nuova chiesa.
Le campagne di sottoscrizione, lanciate con svariate modalità, si sono susseguite per lunghi anni: tutti gli anni della “prima infanzia” della parrocchia, in cui la gente del quartiere ha via via maturato la coscienza di comunità cristiana che deve provvedere anche al proprio sostentamento economico.

E’ certo, peraltro, che, con tutti gli sforzi possibili, da soli non ce l’avremmo fatta mai a costruire una chiesa, semplice sì, ma grande e bella.
Dobbiamo perciò essere grati all’Ufficio Diocesano Nuove Chiese che ha coordinato sia l’opera che il grosso dei finanziamenti, provenienti dalle offerte di tutta la Diocesi, oltreché da un mutuo governativo.

Eppure, nonostante questo, quando la chiesa fu finalmente ultimata, ci trovammo alle prese con un bel po’ di debiti (il saldo delle finiture “al civile”e degli arredi, interamente a nostro carico) e… con un’altra “buca”!
Era lo scavo dell’ala est, verso il cosiddetto “campo Mariani”, su cui era prevista la costruzione di un edificio a due piani, destinato alle opere parrocchiali.
Con una decisione sofferta, ma coraggiosa, presa – stavolta – veramente dalla nostra comunità, si dette inizio anche a questi lavori.
I prezzi dell’edilizia stavano per “esplodere”: se allora non avessimo avuto quel coraggio un po’… temerario, probabilmente oggi sul fianco sinistro della nostra bella chiesa avremmo ancora quella famosa buca!

Sino ad oggi abbiamo rinunciato, non senza rammarico, ad usare questi locali per attività parrocchiali: un po’ perchè ci sembrava quasi un lusso il disporre di tanti spazi e poi per… necessità.

Utilizzati come istituti scolastici, prima comunali e provinciali e poi privati, essi hanno assicurato un reddito che ha permesso dapprima di saldare i debiti dei lavori dei cantieri, poi di operare grandi interventi di manutenzione straordinaria (rifacimento del tetto, del piazzale, recinzioni, caldaie…) e anche, spesso, di ripianare bilanci deficitarii di una gestione ordinaria esposta a costi crescenti e di sempre più difficile contenimento.

Ma il “cantiere” non era finito! (finirà mai?!)

All’inizio del 1974 il grande salone sotto la chiesa, che il progetto originario destinava a cine-teatro, era ancora a rustico, non utilizzato se non come rifugio di rottami, salvo la zona sotto il presbiterio, in cui era stato ricavato un piccolo teatro.

Nel quartiere c’era richiesta crescente di impianti sportivi, soprattutto per ragazzi e giovani, visto che quelli comunali erano poca disponibili.

Si cominciava a sentire in giro un termine nuovo: “fai da te”…

E così, nelle lunghe sere d’estate, i soci della giovane Polisportiva S. Giovanni Crisostomo si improvvisarono muratori, imbianchini, elettricisti, piastrellisti,… e fu creata (è proprio il caso di dirlo!) una splendida palestra, con tanto di servizi, spogliatoi, sala riunioni…

L’erba del campo Mariani non poté più essere falciata dai contadini, perchè i nostri entusiasti calciatori (dai bambini ai loro papà) avevano “costruito” ben due campi da calcio, teatro continuo di vivaci contese sportive.

E si finì con il piccolo, ma prezioso campo giochi dell’oratorio, che venne ben sistemato, attrezzato e recintato, con lavori che richiesero un ulteriore notevole impegno.