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Novità – News

Le notizie e gli eventi segnalati nella Parrocchia San Giovanni Crisostomo Mi, in distribuzione gratuita durante le Ss. Messe di Sabato e Domenica.

Una breve storia della Comunità religiosa dei Comboniani

Una breve storia della Comunità religiosa dei Comboniani

7 Ottobre 2024
Intanto una piccola biografia del Fondatore, Daniele Comboni.

Il 15 marzo del 1831 nasce Daniele Comboni a Limone del Garda

A dodici anni entra nell’istituto San Carlo del card, Nicola Mazza, un istituto fondato per aiutare ragazzi capaci ma che non avevano mezzi economici per poter studiare.

Qui matura, dal card. Mazza la vocazione della missione in Africa Centrale e nel 1854 viene ordinato Sacerdote.

Nel 1857 comincia una serie di viaggi di missione (saranno 8) in Africa che lo porterà ad avere un’ispirazione a scrivere il “Piano per la rigenerazione dell’africa e di fondare in prima persona, nel 1867 a Verona, l’Istituto per le Missioni dell’Africa.

Questo piano aveva il principale fondamento nell’evangelizzazione dell’Africa perseguita dagli stessi africani ed il richiamo alla Chiesa tutta di promuovere questa evangelizzazione attraverso tutti i missionari.

Negli anni seguenti aprirà altri istituti in Egitto, Al Cairo.

Nel 1872 fonda anche l’Istituto delle “Pie Madri della Nigrizia”.

Sempre in questo anno, padre D. Comboni viene nominato Provicario Apostolico dell’Africa Centrale. ed il papa Pio XIX affiderà la missione dell’Africa Centrale all’Istituto comboniano.

Nel 1877 fu nominato Vicario Apostolico dell’Africa Centrale ed il 12 Agosto è consacrato Vescovo con sede a Khartum.

Mons. D. Comboni muore il 10 ottobre 1881 a Khartum, in Sudan.

Il 17 Marzo 1996, papa Giovanni Paolo II lo proclama Beato e il 5 ottobre 2003, Giovanni Paolo II lo ha dichiarato Santo.

La Comunità dei Missionari Comboniani

Il frutto dell’istituto per le missioni dell’Africa sono la Comunità dei Missionari Comboniani, formato da religiosi, religiose, e da Laici e Laiche Missionari (nel 1951 sono state fondate le “Missionarie Secolari Comboniane” e nel 1975 i “laici Missionari Comboniani”).

Dal sito www.comboni.org, chi sono i Missionari Comboniani:

“Siamo una famiglia di sacerdoti e fratelli laici, presenti in 36 nazioni di quattro continenti, Africa, America, Asia ed Europa, che consacrano la loro vita all’annuncio del Vangelo a tutti i popoli, vivendo accanto ai più bisognosi, agli scartati e agli emarginati, promuovendo la dignità di ogni persona umana, la difesa dei diritti umani, la promozione della giustizia sociale e ambientale, della pace e della riconciliazione.

Facciamo parte della grande Famiglia Comboniana, composta di circa 3000 missionari e missionarie. Essa comprende il nostro Istituto, Missionari Comboniani del Cuore di Gesù (MCCJ), fondato nel 1867 da san Daniele Comboni per l’evangelizzazione dell’Africa Centrale; le Suore Missionarie Comboniane, un istituto di suore che nel 1872 il Comboni affiancò al nostro per lo stesso apostolato; le Missionarie Secolari Comboniane, che si sono aggiunte nella seconda metà del XX secolo, e altri gruppi di laici, tra cui i Laici Missionari Comboniani, che si ispirano allo stesso carisma e sono diffusi in molte nazioni.

Siamo mossi dall’urgenza di proporre a tutti l’incontro con la persona di Gesù Cristo come amico e salvatore, come l’unico che può dare senso alla vita anche dei più poveri e vittimizzati di questo mondo.

Dal 6 settembre 2024 si è aperta una comunità comboniana nella nostra parrocchia di San Giovanni Crisostomo, che si è ufficializzata il 15 settembre con la celebrazione della presa di possesso della parrocchia da parte del nuovo parroco, p. Stefano Fazion e dei suoi collaboratori:
padri Raoul Sohouénou ed Esdras Bimbo e fratel Gianluigi Quaranta.

Insieme a loro, in continuità, ci sarà don Francesco Airoldi.

FESTA PATRONALE SAN GIOVANNI CRISOSTOMO

20 Luglio 2024
Domenica 15 settembre festeggeremo con una Messa solenne, seguita da un pranzo condiviso, il nostro patrono San Giovanni Crisostomo e l’arrivo del nuovo parroco e dei nuovi sacerdoti dei Missionari Comboniani .
Siamo tutti invitati a contribuire portando del cibo da condividere.
FESTA PATRONALE – 13 Settembre 2020

FESTA PATRONALE – 13 Settembre 2020

30 Giugno 2020
GIORNATA MONDIALE DEL CREATO – 1 Settembre 2020

GIORNATA MONDIALE DEL CREATO – 1 Settembre 2020

30 Giugno 2020

Untitled

31 Maggio 2020

MESSAGGIO DEI VESCOVI LOMBARDI

MESSAGGIO DEI VESCOVI LOMBARDI

6 Marzo 2020

I Vescovi della Lombardia, in comunione con i Vescovi del Veneto e dell’Emilia-Romagna, a seguito del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, confermano che nelle loro Diocesi per la domenica 8 marzo e per i giorni feriali successivi e fino a nuova comunicazione è sospesa l’Eucarestia con la presenza dei fedeli, mentre i Vescovi e i sacerdoti celebreranno senza il popolo.

La decisione, assunta in accordo con la Conferenza Episcopale Italiana, si è resa necessaria dopo l’entrata in vigore del nuovo decreto del Consiglio dei Ministri con il quale si vuol definire il quadro degli interventi per arginare il rischio del contagio del “coronavirus” ed evitare il sovraccarico del sistema sanitario.

La situazione di disagio e di sofferenza del Paese è anche la sofferenza di tutta la Chiesa. Per questo motivo, noi Vescovi, invitiamo i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici a continuare a tessere con passione i rapporti con la Comunità Civile e ad assicurare la vicinanza nella preghiera a tutti coloro che sono colpiti.

I medici, gli operatori sanitari e quanti avvertono con crescente preoccupazione le pesanti conseguenze di questa crisi sul piano lavorativo ed economico si sentano custoditi dalla nostra preghiera quotidiana e dall’Eucaristia che i Vescovi e i sacerdoti ogni giorno celebrano in comunione spirituale con le proprie comunità e a sostegno dei malati e di chi se ne prende cura.

La mancanza della celebrazione eucaristica comunitaria deve portarci a riscoprire momenti di preghiera in famiglia – genitori e figli insieme –, la meditazione della Parola di Dio di ogni giorno, gesti di carità e rinvigorire affetti e relazioni che la vita quotidiana di solito rende meno intensi.

Ci aiuta, in questo caso, il rito ambrosiano nel quale in ogni venerdì di quaresima vi è il digiuno eucaristico. Questo digiuno può suggerire a tutti i fedeli di riscattare dall’abitudinarietà la partecipazione alla Messa per desiderare di più l’incontro con il Signore nella stessa Eucarestia.

Resta fermo il fatto che le porte delle chiese rimarranno aperte durante il giorno per consentire la preghiera personale e l’incontro con i sacerdoti che, generosamente, donano la loro disponibilità per un sostegno spirituale che a tutti consenta di sperimentare che “il nostro aiuto viene dal Signore”.

Infine, tenendo conto delle disposizioni ministeriali circa la chiusura delle scuole, per quanto riguarda i nostri oratori, sentito il parere degli organismi pastorali preposti, confermiamo la sospensione delle attività fino al 15 marzo compreso e la chiusura degli spazi aperti al pubblico.

Su tutti invochiamo di cuore la benedizione del Signore. (6 MARZO 2020)

I VESCOVI LOMBARDI SUL NUOVO DECRETO DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

I VESCOVI LOMBARDI SUL NUOVO DECRETO DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

3 Marzo 2020

La Conferenza Episcopale Lombarda si è riunita questa mattina in seduta straordinaria a Caravaggio.

All’ordine del giorno dei vescovi delle diocesi di Milano, Bergamo, Mantova, Como, Vigevano, Crema, Lodi, Cremona, Pavia e Brescia un confronto alla luce del nuovo Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Di seguito la nota congiunta dei presuli lombardi:

“In ordine alla celebrazione dell’eucaristia il nostro desiderio più profondo era e rimane quello di favorire e sostenere la domanda dei fedeli di partecipare all’eucaristia.

Considerata la comunicazione odierna della CEI – che interpretando il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, invita a non celebrare le Sante Messe feriali con il popolo – chiediamo ai sacerdoti, alla luce della delicata situazione sanitaria e delle richieste delle autorità competenti, di continuare a celebrare le Sante Messe feriali senza la partecipazione dei fedeli sino a sabato 7 marzo.

Ci riserviamo di dare altre indicazioni, entro venerdì 6 marzo, alla luce di ulteriori sviluppi e delle decisioni delle istituzioni.

Le chiese continuino a restare aperte, nel rispetto delle norme del Decreto, per la preghiera.

Consapevoli della sofferenza e del disagio arrecato dalla situazione, in ordine ai nostri oratori, assunto il parere degli organismi pastorali preposti, sono sospese fino all’8 marzo compreso tutte le attività formative aggregative e sportive. E’ disposta la chiusura degli spazi aperti al pubblico. Fino a domenica 8 marzo compresa le iniziative e gli incontri presso altri ambienti parrocchiali restano sospesi.

Confidiamo che le misure di rigore alle quali aderiamo per senso di responsabilità a tutela della salute pubblica siano condivise da tutte le istituzioni ecclesiali e civili e accolte in ogni ambito in modo corale.

Ringraziamo i sacerdoti, i collaboratori e gli operatori sanitari e di ordine pubblico, con tutti i volontari, per l’opera svolta, incoraggiandoli a perseverare nel loro servizio.

Affidiamo le comunità diocesane, con un particolare pensiero a quelle più provate, ai malati e colpiti dalla calamità in atto, all’intercessione materna e confortante di Maria, la Vergine venerata a Caravaggio”.

Milano, 2 marzo 2020

+ Mario E. Delpini – Arcivescovo di Milano
+ Francesco Beschi – Vescovo di Bergamo
+ Marco Busca – Vescovo di Mantova
+ Oscar Cantoni – Vescovo di Como
+ Maurizio Gervasoni – Vescovo di Vigevano
+ Daniele Gianotti – Vescovo di Crema
+ Maurizio Malvestiti – Vescovo di Lodi
+ Antonio Napolioni – Vescovo di Cremona
+ Corrado Sanguineti – Vescovo di Pavia
+ Pierantonio Tremolada – Vescovo di Brescia

Terremoto in centro Italia. “E adesso, vescovo, che si fa?” – L’omelia di Monsignor D’Ercole durante la S. Messa Esequiale

Terremoto in centro Italia. “E adesso, vescovo, che si fa?” – L’omelia di Monsignor D’Ercole durante la S. Messa Esequiale

29 Agosto 2016

“E adesso, vescovo, che si fa?” – L’omelia di Monsignor D’Ercole durante la S. Messa Esequiale

​1. “E adesso, vescovo, che si fa?”

Quante volte in questi giorni, amici miei, mi son sentito ripetere questa domanda. Dai familiari delle vittime; da chi si ritrova senza famiglia e senza casa; dai giornalisti in cerca di notizie; dai parenti e dagli amici nell’obitorio fra le salme che aumentano con il passare delle ore e dei giorni. Domande spesso solo pronunciate con il pianto e lo sguardo perso nel nulla. Esiste una risposta? Spesso l’unica è il silenzio e l’abbraccio. Questa stessa domanda – “e adesso che si fa?” – l’ho rivolta in queste interminabili giornate di commozione e di strazio a Dio Padre, suscitato dall’angoscia di padri, madri, o figli rimasti orfani, dall’avvilimento di esseri umani derubati dell’ultima loro speranza. “E adesso, Signore, che si fa?”Quante volte, nel silenzio agitato delle mie notti di veglia e d’attesa, ho diretto a Dio la medesima domanda: a nome mio, a vostro nome, nel nome di questa nostra gente tradita dal ballo distruttore della terra. Mi è venuto subito in mente l’avventura di Giobbe, questo giusto perseguitato dal male, profeta che mai s’arrese nel rinfacciare a Dio le sue domande. Giobbe però, dopo una serie indicibili di provocazioni e di vessazioni d’ogni tipo arriva alla sua professione di fede: «Io lo so che il mio Redentore ( il mio vendicatore) è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere» (Gb. 19,1.23-27).

La polvere, per l’appunto: il tutto che è rimasto anche a questa gente, Signore, dopo la tragedia. Tutto sembra diventato polvere: il terremoto ha accomunato paesi fratelli da Amatrice ad Arquata, un tempo parte della stessa diocesi per un totale provvisorio di 281 vittime. Ringrazio per questo il vescovo di Rieti, Mons. Domenico Pompili per la sua presenza e anche l’arcivescovo de l’Aquila, Mons. Giuseppe Petrocchi. La sofferenza aquilana mi è bene nota. Un intero pezzo di storia adesso non c’è più. Polvere, nient’altro che polvere: la polvere che per Giobbe, dopo il dramma di una fatica disumana, diventa altare sul quale brilla la vittoria di Cristo.

2. “Vescovo, non ci ripetere parole di circostanza, le solite cose di voi preti”: ci sta anche che in queste giornate così drammatiche qualcuno direttamente o nei social mi dica questo, nel momento in cui le parole inciampano. Anzi, ditemelo, fratelli e figli miei! Diciamoglielo tutti assieme a Gesù Cristo: “Signore sono le solite cose”. Qui abbiamo perso tutto o quasi e tu dove stai? Apparentemente non c’è risposta. Eppure, cari amici, se guardate appena sotto le lacrime, nessuno più di noi può testimoniare che il terremoto, come la malattia il dolore e la morte, possono strapparci tutto eccetto l’umile coraggio della fede. Ecco perché queste solite-cosepossono essere la scialuppa di salvataggio per non affogare nella disperazione e mai come ora possono ridare luce alla nostra speranza. Provate a pensarci, se una ripartenza sarà mai possibile, ripartiremo insieme da queste solite e piccole cose: le sorgenti non perdono mai la parola. Senza questa sorgente di speranza che è la fede saremmo sul lastrico della miseria più nera. C’è una pagina bellissima, nell’avventura di don Camillo, che narra di una sera malinconica nella quale questo parroco dovette affrontare il dramma di un’alluvione che complicò terribilmente la speranza della sua gente: «La porta della chiesa era spalancata e si vedeva la piazza con le case annegate e il cielo grigio e minaccioso – scrive Giovannino Guareschi -. “Fratelli” disse don Camillo “le acque escono tumultuose dal letto del fiume e tutto travolgono: ma un giorno esse torneranno placate nel loro alveo e ritornerà a splendere il sole. E se, alla fine, voi avrete perso ogni cosa, sarete ancora ricchi se non avrete perso la fede in Dio. Ma chi avrà dubitato della bontà e della giustizia di Dio sarà povero e miserabile anche se avrà salvato ogni sua cosa”. Don Camillo parlò a lungo nella chiesa devastata e deserta e intanto la gente, immobile sull’argine, guardava il campanile. E continuò ancora a guardarlo e, quando dal campanile vennero i rintocchi dell’Elevazione, le donne si inginocchiarono sulla terra bagnata e gli uomini abbassarono il capo. La campana suonò ancora per la Benedizione. Adesso che in chiesa tutto era finito, la gente si muoveva e chiacchierava a bassa voce: ma era una scusa per sentire ancora le campane».

3. Le torri campanarie, che hanno dettato i ritmi dei giorni e delle stagioni, sono crollate, non suonano più. Polvere, tutto ormai è polvere. Eppure, sotto macerie, c’è qualcosa che ci dice che le nostre campane torneranno a suonare, ritroveranno il suono del mattino di Pasqua. L’ha assicurato Paolo, quando ai cittadini di Corinto disse che «se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti» (1Cor 15,21). Paolo sapeva bene che Dio non è tenuto a giustificarsi. Il suo non è un Dio logico: non c’è nulla di più lontano da lui di tutta la nostra filosofia. Eppure Paolo, che con Giobbe condivide una fede-difficile, sa che Cristo ha la passione dell’impossibile, è il Dio al quale riescono le cose che gli uomini giudicano follia, assurdità. Quelle cose che nemmeno gli apostoli, durante un’improvvisa tempesta nel lago di Tiberiade, riuscirono a capire all’istante: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?» (Mc 4,35-40). Eppure erano uomini di mare: esperti, conoscevano le insidie e i venti contrari, avevano le mani ferite dagli uncini, le facce scavate dal vento, le loro erano vite vissute. “Al tuo Dio, don Giovanni, importa nulla se noi moriamo?”. Dio pare tacere, le nostre sembrano chiamate senza risposta. Dio è Padre misericordioso: non scappa dalle responsabilità, il grido degli angosciati gli fa vibrare le viscere. Non teme l’imprecare dell’uomo, non s’arrabatta nell’ira. Porge l’inimmaginabile della sua Croce a disposizione di chi vorrà tentare l’attraversata del fiume della vita, fatto di lutto, di lamento, di pianto e d’amarezza. C’è un segno che voglio condividere con voi. Alla sera del giorno del terremoto, mentre recuperavamo il Crocifisso, che è qui oggi, tra le macerie della chiesa totalmente distrutta a Pescara del Tronto, proprio sotto la chiesa i soccorritori stavano tentando di salvare con grande sforzo due stupende sorelline: la più grande Giulia purtroppo morta, ma ritrovata in una posizione protettiva su Giorgia, una bimbetta di scarsi cinque anni, che sembrava spaesata con la bocca piena di macerie. Morte e vita erano abbracciate, ma ha vinto la vita: Giorgia. Anzi dalla morte è rinata la vita perché chi esce dal terremoto è come se nascesse di nuovo. Amici, l’appuntamento, a noi, Dio sembra avercelo dato proprio qui, sotto la croce, sopra le macerie. Esattamente come a Nain: anche in quel paese si respirava odore di morte, aria della mestizia e dello smarrimento. Anche lì una madre piangeva l’unico suo figlio morto: «Nonpiangere (donna). Ragazzo, dico a te: alzati!». Le lacrime sono risorte, la morte fu vinta, proprio quando a tutti sembrava che non ci fosse più nessuna storia da raccontare: «Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre» (Lc 7,1-17).

4. “E adesso, vescovo, che si fa?” Un terremoto è la fine: un boia notturno venuto a strapparci di dosso la vita. La nostra terra, però, è popolata di gente che non si scoraggia. Mi rivolgo soprattutto a voi, giovani, perché tra le 49 vittime, non sono pochi i bambini e i ragazzi sepolti dalle macerie e i primi ad essere estratti a Pescara del Tronto sono proprio due innamorati quindicenni: Arianna e Tommaso. Voi ben sapete che i nostri nonni erano contadini, le nostre origini sono contadine. In natura arare è come un terremoto per la terra: si spacca, è ferita, ne esce frantumata in zolle. L’aratro ferisce ma è lo strumento-primo per la nuova seminagione: si ara per preparare la terra a un nuovo raccolto. I sismologi tentano di prevedere il terremoto, ma solo la fede ci aiuta come superarlo. La fede, la nostra difficile fede, ci indica come riprendere il cammino: con i piedi per terra e lo sguardo al cielo. La solidarietà – oggi rappresentata in maniera solenne dalla presenza del Presidente della Repubblica, al quale rivolgo il mio deferente saluto, dalle più alte cariche dello Stato e dalle tante autorità, dalle molte associazioni di volontariato, e dai tanti amici qui conventi a mostrare la concreta vicinanza di tanta gente da ogni parte d’Italia e del mondo, la solidarietà soprattutto del Papa, dei vescovi della nostra regione e delle Chiese di tutta Italia come pure del mondo. Grazie a tutti di cuore! La solidarietà e la responsabilità – dicevo – ci fanno tenere i piedi ben saldi per terra in un abbraccio che ci consente di affrontare insieme le difficoltà e costruire un mondo migliore. Gli occhi però devono guardare in alto: «Guardare al cielo, pregare, e poi avanti con coraggio e lavorare. Ave Maria e avanti» così ripeteva san Luigi Orione, il papà della mia congregazione religiosa, esperto di terremoti (Messina 1908; Avezzano 1915). Ave Maria e avanti!

Amici tutti, non abbiate paura di gridare la vostra sofferenza, ma non perdete coraggio. Insieme ricostruiremo le nostre case e chiese; insieme soprattutto ridaremo vita alle nostre comunità, a partire proprio dalle nostre tradizioni e dalle macerie della morte. Insieme! Ne sono certo, con l’aiuto della Madonna che mai ci abbandona, vivremo un’avventura straordinaria perché l’amore è più forte del dolore e la vita vince la morte.

 

La Chiesa ambrosiana “Per la Città”

26 Gennaio 2016

Verso le elezioni amministrative indicazioni dal Consiglio episcopale milanese per i fedeli della Diocesi e per tutti coloro che apprezzano il confronto

Il Consiglio Episcopale Milanese offre ai fedeli della Diocesi ambrosiana e a tutti coloro che sono disponibili e interessati al confronto alcune indicazioni in vista delle prossime scadenze elettorali.

1. Uno stile cristiano per un confronto costruttivo

Il tema della politica e della amministrazione pubblica è stato troppo a lungo censurato nei confronti interni alla comunità cristiana forse per il rischio di causare divisioni e contrapposizioni.

Il Consiglio Episcopale Milanese incoraggia ora i laici a confrontarsi sulla situazione, a interpretare le problematiche di questo momento: condivide infatti la persuasione che sia possibile praticare uno stile cristiano tra coloro che hanno a cuore la vita buona in città.

“Educarsi al pensiero di Cristo” comporta maturare una mentalità che sappia vedere tutto nella luce del Signore e insieme trarre dalla fede e dagli insegnamenti della Chiesa motivazioni e criteri anche per la politica e la pubblica amministrazione. «Ci interessa conoscere e testimoniare la sapienza nuova che viene da Cristo e offrire all’uomo contemporaneo il nostro contributo per edificare la vita buona di tutti, consapevoli del bene che è l’essere insieme in una società in cui convivono persone portatrici di cosmovisioni diverse» (Card. A. Scola, Educarsi al pensiero di Cristo, 85)

Tutti, in questo campo, dobbiamo ritrovare entusiasmo e coraggio.

2. La responsabilità di proposte

Non avrà nessuna utilità la riproposizione di principi astratti e di ideologie. È doveroso per i cattolici e utile per tutti fare riferimento con competenza aggiornata e con capacità argomentativa agli insegnamenti ecclesiali, raccolti nella Dottrina Sociale della Chiesa (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, 2004) e ribaditi con alcune particolari insistenze da Papa Francesco (Evangelii gaudium, 2013 e Laudato si’, 2015). Alcuni temi assumono nei nostri giorni un rilievo particolare: la famiglia e le problematiche antropologiche e demografiche, la povertà e le forme della solidarietà, il lavoro e le prospettive per i giovani, la libertà di educare, l’attenzione alle periferie geografiche ed esistenziali.

Nell’amministrazione locale i grandi temi e le esigenze spicciole della vita quotidiana richiedono concretezza e realismo e insieme l’orizzonte ampio di una idea di città e una visione complessiva della convivenza civile, in città, in Italia, in Europa.

Quello che è certo è che, come si è constatato anche nel recente Convegno Ecclesiale di Firenze, tra i cattolici italiani ci sono persone competenti, illuminate, capaci di unire letture sintetiche e complessive con proposte concrete e locali. E dunque si facciano avanti anche a Milano e nelle terre ambrosiane! Prendano la parola, guadagnino ascolto, siano presenze stimolanti e costruttive per tutta la comunità cristiana, non solo in confronti “privati” o in contesto accademico.

3. Il dovere della partecipazione

In questo momento caratterizzato da scetticismo, scoraggiamento, paura, astensionismo, individualismo, anche i cristiani sembrano spesso sopraffatti da un senso di impotenza che li orienta a preferire gesti spiccioli di generosità agli impegni politici e amministrativi. Si lascia ai Vescovi di formulare valutazioni, mentre i laici cristiani sono spesso senza voce di fronte alle questioni emergenti del nostro tempo, zittiti dai media, ma anche timidi nell’esporsi con proposte in cui si mettano in gioco di persona. Il “buon esempio” stenta a diventare testimonianza.

Come obbediscono i discepoli a Gesù che li vuole luce del mondo e sale della terra?

Per chi ne ha capacità, preparazione e possibilità è doveroso anche presentarsi come candidati con la gratuità di chi si offre per un servizio e ci rimette del suo. Ci si aspetta da tutti la fierezza, l’intraprendenza, una specie di giovane ardore sia per chi si candida e formula programmi coerenti, sia per chi vota nel valutare i programmi, nell’esprimere con il voto le proprie scelte: tutti insieme impegnati per non permettere che la città muoia di tristezza, banalità, rassegnazione.

4. Legalità e resistenza alla corruzione

L’esercizio del potere comporta sempre la tentazione dell’abuso, della corruzione, del favoritismo personale.

L’esercizio del potere espone sempre all’invidia, alla contrapposizione polemica e pregiudiziale, al sospetto sistematico e la complessità delle normative può rendere particolarmente arduo il comportamento ineccepibile.

I cristiani e tutti coloro che assumono responsabilità amministrative e politiche devono vivere un rigoroso senso di onestà, avere massima cura della legalità, e resistere in ogni modo alla tentazione della corruzione: per servire, non per essere serviti, per servire, non per servirsi. La gente merita rispetto e la gestione della cosa pubblica, del denaro pubblico, del potere, deve esprimere questo rispetto per ciò che è comune. Solo così è possibile esigere il rispetto della legge da parte dei cittadini, tutti esposti alle medesime tentazioni.

5. La Chiesa non si schiera, i cristiani laici sì, con rispetto e coraggio

I cattolici che si fanno carico di quella forma di carità che è l’impegno politico e amministrativo si assumono responsabilità come singoli e come associati: non devono pretendere di essere espressione diretta della Chiesa. Insieme però devono avvertire che ogni opera che giovi al bene comune, ogni contributo di proposta e di testimonianza che sia a favore dell’uomo trova nella Chiesa approvazione e incoraggiamento.

– Per evitare strumentalizzazioni il Consiglio Episcopale ricorda a tutti le disposizioni diocesane più volte ribadite in base alle quali le parrocchie, le scuole cattoliche e di ispirazione cristiana, le associazioni e i movimenti ecclesiali, non devono mettere sedi e strutture a disposizione delle iniziative di singoli partiti o formazioni politiche. Anche i consacrati e i ministri ordinati devono attenersi a tali indicazioni. Si vigili per evitare che le attività pastorali vengano strumentalizzate a fini elettorali: durante questo periodo, è prudente non programmare iniziative che coinvolgano persone candidate o già impegnate a livello politico.

– Sulla base di quanto stabilito nelle indicazioni diocesane, gli appartenenti a organismi ecclesiali, a maggior ragione se occupano cariche di rilievo, qualora intendano mettersi a disposizione del bene comune candidandosi alle elezioni, sono da considerarsi sospesi dai predetti organismi e lasceranno il proprio incarico in caso di elezione avvenuta. Ogni persona che riveste e mantiene compiti o ruoli di responsabilità nelle istituzioni e negli organismi ecclesiali è invitata ad astenersi rigorosamente da ogni coinvolgimento elettorale con qualsiasi schieramento politico.

– In particolare, sulla base dei criteri stabiliti nella normativa canonica e offerti nei ripetuti interventi dell’Episcopato italiano, ai presbiteri è richiesta l’astensione da qualsiasi forma di propaganda elettorale e di attività nei partiti e movimenti politici. Analoghi criteri prudenziali sono offerti all’attenta valutazione di diaconi e consacrati.

6. In conclusione, una domanda

Che cosa ti impedisce o ti trattiene dall’offrire il tuo contributo, con il pensiero, la parola, la riflessione documentata e condivisa, con il tempo, il voto, la candidatura a una responsabilità amministrativa, per edificare una città sempre migliore?

Pellegrinaggio a Lainate: Maria che Scioglie i Nodi 28 giugno

2 Giugno 2014

Locandina_Lainate_20140628

 

 

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